domenica 20 gennaio 2013

L'idolo del mese di gennaio

Mancano ancora 11 giorni alla fine di gennaio, ma mi sento già di dare il primo verdetto per il premio "Idolo del mese".
Apprezzo da sempre in modo esponenziale i colpi di genio, anche quando si tratta di vere e proprie cazzate. Ad esempio uno dei miei più grandi idoli è Pedro Valti, l'uomo che si prese gioco di Amadeus all'eredità (qui il video), evoluzione di quel signor Giancarlo che scelse la gloria al posto dei soldi alla vecchia Ruota della fortuna (qui il video).

La scelta di questo mese è comparsa dal nulla questo pomeriggio. Ero intento a studiare per un esame  sempre più vicino, quando mi sono imbattuto in questo testo, presente in uno dei file delle esercitazioni sulla pagina web del corso:


Informandomi al volo con alcuni compagni di facoltà, sono subito risalito alle generalità dell'eroe, tale Federico Pasini. Si tratta dell'addetto al tutorato (una sorta di servizio supplementare che la facoltà offre allo studente) del corso di algebra lineare.
Purtroppo mi devo rammaricare del fatto di non aver mai frequentato le ore di tutorato tenute da quest'epico personaggio, che mi è stato confermato essere da altri un vero e proprio soggettone. Mi sarei fatto delle ottime risate.

Oh, magari qualcuno sarà rimasto deluso da questa cosa, che rimane pur sempre una banalità. Ma devo ammettere che è forse la prima volta in vita mia che vedo un autore mettersi a fare il fenomeno in un testo formale e ufficiale di facoltà. Mi ha cambiato il pomeriggio di studio. Nel senso che da lì in avanti mettendomi a condividere la foto e sparando cazzate con gli altri, non ho combinato praticamente più nulla.

Quindi giù il cappello per Federico Pasini: idolo delle folle, gennaio 2013.
E a proposito di Pasini, mi è appena venuto in mente un altro grande classico di youtube che a suo tempo mi mandò KO in modo assoluto (qui il video).
E con questo ho chiuso in bellezza il post.

giovedì 17 gennaio 2013

Lance Armstrong resta il Numero Uno

Con tutto questo gran parlare degli ultimi giorni, giusto spendere qualche riga per parlare di Lance Armstrong.
Presumo che anche i meno appassionati in materia ciclistica sappiano chi sia. Quindi non annoierò con lunghe biografie facilmente reperibili su wikipedia e affini.

Non sono stato un fan di Armstrong nella prima delle tre macro-fasi della sua carriera ciclistica, quella da grande uomo da classiche. Per il semplice motivo che a quell'epoca ero talmente piccolo dal non andare in bicicletta neanche con le rotelle. Ma ho potuto gustarmi, grazie a youtube, il capolavoro del Mondiale di Oslo nel 1993, che lo incoronò come il più giovane campione del mondo della storia.

Non sono stato un fan di Armstrong nemmeno nella seconda fase della carriera, quella più importante. Quella della grande vittoria sul cancro. Quella dei 7 Tour di fila e dell'onnipotenza in gruppo.
 I vincenti alla lunga mi stancano sempre e  lui era diventato il Vincente con la maiuscola. Quindi non ho nessun problema a dire che in diversi Tour ho tifato per Ullrich.
Ma è indubbio che in quegli anni ho provato un grandissimo rispetto per Lance corridore. Rispetto e ammirazione che sono cresciuti negli anni seguenti, ragionando sulla grandezza di vincere per 7 anni di fila la corsa più prestigiosa dell'anno. Grandezza di gambe, ma soprattutto di testa e carattere. Doti, quest'ultime due, che apprezzo in modo esponenziale in uno sportivo.

Non sono stato un fan di Armstrong neanche nell'ultima fase della carriera, quella del rientro dopo 4 anni dal ritiro annunciato. Non apprezzai quel volersi imporre a leader della squadra a tutti i costi, quando le gambe per poterlo essere erano ormai sparite. Quando nel roster era evidente a tutti che il più forte era Contador.

Non sono quindi mai stato un fan di Armstrong (e siamo alla quarta ripetizione), ma sentire/leggere in questi ultimi mesi diversi commenti negativi nei suoi confronti mi ha dato veramente molto fastidio.
Era dopato. Sissignori se lo era. Era dopato come lo erano tutti i più forti della sua epoca.

Mi si obietterà che lui si dopava più degli altri. Non ho i dati e l'esperienza diretta per poterlo confermare. Può darsi sia vero.
Ma quando nel ciclismo vige/vigeva la legge della giungla. Quando tutti, e ribadisco tutti, provavano ogni mezzo per implementare le proprie performance, bisogna accettare di perdere e prendere le batoste non solo sulle strade delle grandi corse, ma anche negli ambulatori medici.
 E' un discorso immorale, contro l'etica sportiva. Lo so. Ma in questa fattispecie bisogna abbandonare la mentalità del chierichetto, quella che crede che lo sport sia il giardino pulito di un mondo alla deriva morale in tutti gli ambiti. Bisogna prendere atto che in quel periodo il ciclismo era marcio come non mai. E la colpa non era di Armstrong.

Mi si obietterà che la federazione mondiale sapeva tutto e lo ha coperto. Vero. Ma anche qui propongo un quesito: quanta gente negli anni è stata coperta dalla federazione? Solo Armstrong? Non credo proprio.
Davvero tanta è la gente che ha vinto dopandosi facendola franca. Centinaia di fedine pulite solo all'apparenza. C'è stato anche il periodo in cui eravamo noi italiani a farla da padroni. Quindi perché mai dovrei biasimare Armstrong?
Dovrei invece biasimare i comportamenti della federazione mondiale? Forse.
Ma non ho le presunzione per farlo. Sicuramente avrà agito per favorire i propri interessi e quelli dei suoi compagni di merende, ma credo che gestire una baracca così complessa sia un'operazione tutt'altro che semplice, per via delle centinaia di variabili e intrallazzi che vanno tenuti in considerazione.
Anche qui bisogna abbandonare la mentalità del chierichetto e assumere quella del figlio di puttana per capire il ragionamento. Capire, non giustificare eh. Ma nemmeno attaccare.

Ad Armstrong  si può obiettare che non era una bella persona: arrogante, falso, cinico. Ma non gli si può imputare di aver vinto grazie al doping.
Ha vinto perché era il più forte. Di gambe, testa e carattere.
E siccome di uno sportivo mi piace giudicare solo le gesta sul campo, a prescindere che sia un fuorilegge o l'uomo più buono del mondo, non posso che levarmi il cappello e ringraziare Lance per quello che ha dato al ciclismo.
Per me resta il vincitore di 7 Tour de France. Il numero Uno di un'epoca.


mercoledì 16 gennaio 2013

La vittoria degli atleti: niente titoli di mezza maratona a Verona

Non ho più ricevuto risposta dalla lettera inviata alla presidenza FIDAL esattamente 7 giorni fa, ma poco importa ormai.
Notizia ufficiale di oggi è infatti che la mezza maratona di Verona è stata destituita dall'assegnazione dei titoli di campionato italiano di mezza maratona, nonché prima fase dei campionati italiani di società di corsa su strada.

E' stata la vittoria del buon senso, nonché dei 152 atleti che hanno aderito alla civile protesta.
Naturalmente non solo merito nostro, ma anche dei vari comitati regionali che hanno fatto presente agli uomini di Via Flaminia delle allucinanti concomitanza a cui si sarebbe andati incontro mantenendo quella data.
Un grosso ringraziamento, quindi, a tutti  coloro che si sono attivati per modificare le cose, non subendo in modo passivo le decisioni dall'alto. In particolare alle sociietà ASD Daini Carate Brianza e Running Club Futura Roma, che hanno aderito in blocco con la totalità dei tesserati alla firma della lettera.
I complimenti vanno comunque anche alla nuova dirigenza Fidal, capace di cospargersi il capo di cenere e porro rimedio alla situazione. E' questa la federazione che mi/ci piace e l'augurio è che si continui con questo rapporto di reciproca collaborazione atleti/Fidal per i prossimi 4 anni.

giovedì 10 gennaio 2013

Arabia Saudita


Sono stato sollecitato in questi giorni dall'amico Guido Caradonna a trattare uno degli interessantissimi*(issimi^67237477298) argomenti che avevo citato nel debutto del blog.
Godetevi il divertimento e leggete dall'inizio alla fine. Boia chi interromperà la lettura.

[copiright by Michele Belluschi. Vietata qualsivoglia riproduzione al di fuori di questo blog]


Generalità
Stato dell'Asia occidentale stretto tra Mar Rosso e Golfo Persico, l'Arabia Saudita occupa oltre i due terzi della Penisola Arabica. È il Paese che ha dato origine alla civiltà arabo-islamica e che più d'ogni altro è rimasto fedele alle antiche tradizioni dell'Islam, alle forme più genuine e puritane della sua religiosità: non a caso però, dato che nell'Arabia Saudita si trovano le città sante sunniteLa Mecca e Medina. È inoltre il Paese arabo che meno ha conosciuto il colonialismo, attestatosi a N di esso e negli sceiccati periferici della penisola: a questo fatto si devono i suoi confini. Passato grazie a un sorprendente processo dalle antiche tradizioni pastorali e beduine alla lucrosa industria del petrolio, l'Arabia Saudita ha sfruttato la straordinaria ricchezza che ne è derivata per incrementare gli investimenti in diversi settori: istruzione e sicurezza sociale, infrastrutture, altre attività produttive. Nonostante l'enorme sviluppo, il Paese conserva ancora tratti autoritari e conservatori, soprattutto per quanto riguarda la condizione delle donne e degli immigrati.
Lo Stato
L'Arabia Saudita è diventato regno indipendente nel 1932, dall'unione dei regni di Neged (Najd) e Higiaz (Al-Hêijāz) e degli emirati di ‘AsīrNajrān e Al Hasa. È una monarchia in cui il sovrano detiene il potere assoluto anche se nell'ultimo decennio del sec. XX ci sono state importanti trasformazioni. Dal marzo 1992 è in vigore una legge fondamentale che attribuisce al re il ruolo di primo ministro con facoltà di nominare gli altri ministri. La stessa legge prevede che il re nomini un Consiglio Consultivo (Majlis ash-Shoura), di 120 membri, con il compito di coadiuvarlo nelle decisioni di politica interna ed estera. Alla morte del re Fahd, avvenuta nell'agosto 2005, il trono è passato a Abdullah Ibn Abd-el Aziz, nuovo sovrano e “custode delle sante moschee” (La Mecca e Medina). Nello stesso anno, per la prima volta, è stato esercitato il diritto di voto, limitato ai cittadini maschi. L'islam sunnita è la religione dello Stato, i cui dettami valgono anche come legge civile. La legge coranica (shari’ah), amministrata da tribunali religiosi, prevede la pena di morte per una serie diversa di reati (80-100 le esecuzioni capitali stimate ogni anno). Le forze armate sono affiancate da una Guardia di frontiera e dalla Guardia nazionale. Le truppe operative statunitensi, presenti in Arabia Saudita dal 1991, dopo la guerra del Golfo, hanno lasciato il Paese nel 2003. L'esistenza di tribù nomadi rende difficoltosa la scolarizzazione; non esiste del resto una legge che la obblighi (mentre è obbligatoria l'istruzione religiosa), né che stabilisca l'età per l'ingresso nella scuola . Una poderosa campagna di alfabetizzazione, avviata a partire dal 1955, ha ridotto al 14.5% il numero degli analfabeti (2008). Nelle scuole vige la separazione tra maschi e femmine. La scuola primaria dura sei anni, quella secondaria abbraccia lo stesso numero di anni e prepara ai corsi universitari. L'insegnamento superiore, che si articola ormai in tutte le principali discipline universitarie, viene impartito nelle università di Riyadh, di Gidda (le due principali), di Ad-Dammām e di Hofuf; opera altresì a Dhahran un istituto superiore per ricerche minerarie. Vi sono inoltre università islamiche a Medina, a Riyadh e a La Mecca, in cui vengono compiuti studi teologici.
Territorio: geografia fisica
Il territorio saudita, benché relativamente vario, ha una sua unità che trova ragione nella particolare struttura geologica della Penisola Arabica, formata sostanzialmente da vasti tavolati che poggiano su un sostrato cristallino rigido, frammento basale del continente asiatico un tempo saldato all'Africa. La costa occidentale è orlata da rilievi che scendono al Mar Rosso con una ripida scarpata, mentre verso l'interno si distendono a formare vasti tavolati costituiti da formazioni paleozoiche, mesozoiche e cenozoiche, rotte da successivi gradini; nelle parti più depresse le formazioni cenozoiche sono sottoposte a sedimenti recenti, tra cui anche vaste coperture sabbiose, come quelle che formano il deserto del Rubʽal Khali. Al fatto che le formazioni sedimentarie non abbiano subito consistenti deformazioni si devono i ricchi accumuli di petrolio nella sezione orientale del Paese (regione di Al Hasa ecc.). Data l'aridità non esistono veri e propri fiumi, ma solo uidian che, secondo l'inclinazione generale dei tavolati, solcano il territorio da W a E; a essi si accompagnano numerose falde acquifere, che soprattutto nella sezione mediana del Paese, il Neged, danno origine a importanti oasi, come quella di Riyadh. Climaticamente l'Arabia Saudita è caratterizzata da una spiccata aridità, con temperature assai elevate (valori medi nella capitale di 34 ºC nel mese più caldo e di 24 ºC in quello più freddo). Le escursioni termiche sono sensibili nell'interno, di poco risalto lungo le coste che presentano un'elevata umidità. Le precipitazioni si verificano soprattutto in una breve stagione (wasm) da ottobre a novembre; sono debolissime e non superano su gran parte del Paese i 100 mm annui, valore che aumenta fino a 200-250 mm sui rilievi occidentali.
Territorio: geografia umana
L' Arabia Saudita ha una densità abitativa di 12 ab./km², una delle più basse dell'Asia, ma la distribuzione della popolazione sul territorio non è omogenea: le province settentrionali, Al-Jawf, Confine Settentrionale (Al-Hudūd ash-Shamālīyah) e Tabūk e l'estesa provincia Orientale (Ash-Sharqīyah) hanno una densità ancora inferiore alla media nazionale. La popolazione è costituita da due grandi gruppi etnici: quello saudita (74,8%) e quello yemenita (13,2%); sono inoltre presenti nel Paese gruppi di asiatici (6,5%) e neri (1,5%). L'Arabia Saudita è un Paese di antico popolamento che conserva ancora, in larga misura, l'elemento etnico originario; le popolazioni meno pure si trovano sulle fasce costiere dove si sono avute soprattutto infiltrazioni africane e iraniche. Nomadismo e sedentarietà accentrata nelle oasi sono all'origine della distribuzione della popolazione, che è ancora in larga parte suddivisa in tribù (le kabilah), le stesse che esistevano all'epoca della predicazione di Maometto, cui si deve la loro unificazione dal punto di vista religioso e culturale. I nomadi rappresentano ormai una piccola quota della popolazione. Allo spopolamento delle aree rurali contribuiscono i progressi delle tecniche colturali: nel settore primario si ottengono produttività sempre più elevate con un minor numero di addetti. Questo fenomeno di spopolamento ha determinato una diminuzione della manodopera e anche il ricorso a lavoratori stranieri. A partire dal 1999, tuttavia, è stata applicata una politica di rigore verso gli immigrati irregolari, che sono stati in gran parte espulsi (ca. 500.000 in un anno). All'inizio del sec. XXI gli stranieri costituiscono un quinto della popolazione, metà di quella attiva. L'espansione delle città è piuttosto recente, benché un urbanesimo di netto stampo islamico, cioè sviluppatosi in funzione religiosa, si sia affermato da tempo nel Paese: La Mecca e Medina sono in tal senso le due più tipiche e antiche città dell'Islam. I centri urbani sono in continuo sviluppo e ospitano l'81,9% della popolazione (2008). Al centro delle fasce oasiche e nelle aree costiere esistono cittadine con funzioni commerciali o portuali; in epoca recente alcune di queste cittadine, meglio favorite rispetto alle moderne vie di comunicazione, hanno accresciuto la loro importanza per ragioni diverse; è il caso di Riyadh, divenuta capitale del Paese, di Hofuf, valorizzata dalla ferrovia Riyadh-Ad-Dammām, di Gidda, base dei pellegrinaggi ai luoghi santi. Vi sono infine i centri potenziati dalle attività petrolifere, come Dhahran e Ra's Tannūrah.
Territorio: ambiente
La natura desertica del territorio influenza le caratteristiche dell'ambiente biologico saudita. Il manto vegetale è poverissimo, rappresentato per lo più da cespugli spinosi e, nelle aree più elevate, soprattutto lungo gliuidian, da tamerici, acacie e altre piante xerofile. Nelle oasi di tutto il Paese domina sovrana la palma da dattero. La sua collocazione lo rende uno dei Paesi a rischio di desertificazione e di esaurimento delle risorse idriche. In Arabia Saudita le aree protette a vario titolo rappresentano il 36,8% dell'intero territorio. La loro collocazione va dalle regioni settentrionali al confine con Giordania e Iraq alla grande area (64 milioni di ettari) della regione sudorientale, tra Golfo Persico e il confine con l'Oman, denominata Ar-Rub'al-Khāalīi. Negli anni Ottanta del Novecento è stata istituita una Commissione nazionale per la conservazione e lo sviluppo della natura, con l'intento di stabilire e monitorare un sistema di protezione di queste aree. Esistono inoltre aree volte alla protezione del patrimonio ambientale marino, minacciato dall'inquinamento dovuto alle fuoriuscite di petrolio. In particolare la costa occidentale, quella sul Mar Rosso, è oggetto di interesse da parte degli studiosi: nel 2003 l'Arabia Saudita ha predisposto un piano per la conservazione della barriera corallina e del complesso ecosistema marino dell'area.
Economia
Economicamente l'Arabia Saudita si regge quasi interamente sul petrolio. Grazie a esso il Paese ha potuto avviare di recente un processo di trasformazione che è stato ritardato solo dal conservatorismo proprio della dinastia wahhabita. L'ascesa al trono di re Fayṣal, tuttavia, ha segnato una svolta in senso progressista portando al superamento di molti indugi: in primo luogo si è attuata una più equa e lungimirante messa a profitto delle cospicue royalties ricavate dalla vendita all'estero del petrolio; in secondo luogo sono stati promossi interventi di carattere sociale (scuola e formazione professionale, assistenza sanitaria ecc.), costruite infrastrutture, realizzate opere ed elaborati progetti in ambito agricolo e industriale. Gravemente colpita (1991) dal costo della guerra del Golfo (armamenti e sicurezza), l'economia saudita ha attraversato un momento di crisi profonda e solo dal 1994 ha registrato segnali di ripresa. Alla fine del decennio, tuttavia, la caduta dei prezzi del petrolio ha provocato una diminuzione del 40% delle entrate. Si è formato così un considerevole deficit pubblico determinato dalle ingenti voci di spesa. Questa situazione ha costretto il Consiglio superiore per gli affari politici minerari, istituito nel gennaio 2000, ad aprire alle società straniere le attività di distribuzione e raffinazione del petrolio e del gas. Le attività di estrazione sono state riconfermate all'esclusiva gestione del monopolio statale tramite la compagnia nazionale Saudi Aramco. Ciò ha contribuito a far aumentare il prezzo del greggio e a migliorare le entrate del Paese, che da allora si mantengono alte e accompagnate da una modesta inflazione – risalita pesantemente solo nel 2006 a causa della debolezza del dollaro e dell'aumento della domanda domestica –, e ha permesso una sempre più ampia apertura del governo nei confronti dell'iniziativa privata nonostante la marcata presenza dello Stato nel controllo degli apparati produttivi. L'Arabia Saudita è di fatto uno degli Stati più ricchi al mondo, con un PIL di 369.671 ml $ USA (2009) e un PIL pro capite di 14.486 $ USA (2008), più che raddoppiato rispetto ai valori della fine degli anni Ottanta del Novecento, quando, a fronte del deciso aumento demografico, aveva subito un tracollo. Il quadro dell'economia saudita è in espansione e coinvolge l'agricoltura, la difesa e le telecomunicazioni. I cospicui investimenti nel settore primario degli ultimi anni del sec. XX hanno permesso di aumentare le aree coltivabili attraverso l'assegnazione governativa gratuita di appezzamenti. Le autorità hanno anche favorito la concessione di aiuti finanziari agli agricoltori e lo sviluppo di moderne tecniche di coltivazione e irrigazione attraverso la razionalizzazione delle risorse idriche, lo sfruttamento dei pozzi, la desalinizzazione dell'acqua marina. L'Arabia Saudita ha raggiunto, così, l'autosufficienza alimentare. Principali colture sono i cereali (miglio, sorgo, orzo, riso e frumento), frutta (soprattutto datteri) e ortaggi, tipici prodotti delle oasi. La regione agricola più ricca è naturalmente quella più piovosa (specie le alteterre dell'ʽAsīr). Largamente diffuso è l'allevamento (ovini e caprini particolarmente), risorsa fondamentale dei beduini. Significativo è anche il settore della pesca. Come detto, la ricchezza del Paese si fonda interamente sul petrolio, le cui riserve accertate (corrispondenti a circa un quarto del totale mondiale) assicurano al regno una notevole produzione. I maggiori giacimenti di petrolio si concentrano nella regione orientale e sul Golfo Persico. Attraverso una estesa rete di oleodotti il greggio viene trasportato nelle grandi raffinerie e ai terminali di Saida (Sidone), nel Libano, e di Yenbo sul Mar Rosso. I piani quinquennali per la diversificazione dell'economia hanno portato allo sviluppo di nuovi rami nel settore dell'industria. Un'estesa rete di gasdotti consente di utilizzare le notevoli riserve di gas naturale per alimentare l'esportazione di gas liquefatto anche se la maggior parte del gas è destinato al consumo interno. Tra le risorse minerarie sono presenti bauxite, ferro, rame; a metà degli anni Ottanta del XX secolo si è rinvenuto nella provincia di Al-Qaşīm, al centro del Paese, un ricco giacimento di carbone e contemporaneamente si è iniziato lo sfruttamento delle miniere aurifere (Mahd adh-Dhahab). Le industrie annoverano, oltre ai complessi petrolchimici, impianti siderurgici, altri legati alla meccanica pesante e dei materiali per l'edilizia (cementifici). Nel 2007 il governo ha approvato la costituzione di quattro nuovi distretti industriali. È il terziario a occupare la maggior parte della popolazione attiva mentre è ridotto il numero di sauditi impegnati negli altri settori. Le importazioni, prevalentemente di prodotti industriali, alimentari e tessili, provengono in gran parte dagli Stati Uniti, dal Giappone e dalla Germania; le esportazioni (quasi esclusivamente idrocarburi) sono dirette soprattutto verso gli Stati Uniti, il Giappone, la Corea del Sud, l'India e Singapore. Si è osservato inoltre, a partire dal nuovo millennio, come per altri Paesi, l'ingresso della Cina fra i partner commerciali più importanti. Dal 2004 l'Unione Europea è presente a Riyadh con una delegazione che cura le relazioni bilaterali con i Paesi dell'area; gli Stati dell'UE intrattengono rapporti commerciali con l'Arabia Saudita da cui importano principalmente combustibile e dove esportano macchinari per l'industria e i trasporti. Dopo anni di attesa, grazie anche alle politiche di sviluppo e di diversificazione dell'economia, nel 2005 il Paese ha fatto il suo ingresso nel WTO. Consistente è l'apporto economico degli oltre 2 milioni di pellegrini che visitano annualmente i luoghi santi giungendo da tutti i Paesi musulmani dell'Asia e dell'Africa, facendo del turismo una delle prime voci del settore terziario. Inoltre, la presenza di alcune grandi banche e soprattutto della borsa valori della capitale, hanno reso l'Arabia Saudita il principale centro finanziario del Medio Oriente. Ingentissimi sono stati negli anni gli investimenti nell'ambito delle infrastrutture viarie; strade asfaltate collegano in pratica tutti i centri del Paese.
Storia
Già sei anni prima della costituzione dello Stato (1932), Ibn Saʽūd I, emiro del Neged e fondatore del regno, si era assicurato i confini attuali con la conquista dell'Higiaz, strappato agli Hascimiti, e con il protettorato sull'Asīr. Nel 1934 lo Yemen, che vantava anch'esso mire su quest'ultima regione, prese le armi contro i Sauditi. La guerra, durata pochi mesi, si risolse a favore dell'Arabia Saudita che con il trattato di Taʽif regolò in proprio favore le controversie di frontiera con lo Yemen. Nel 1945 l'Arabia Saudita aderì alla Lega Araba. La profonda rivalità che la opponeva, nonostante la risoluzione delle questioni di confine, alle dinastie hascimite regnanti nell'Iraq e in Giordania spinse Ibn Saʽūd I, morto nel 1953, e il suo successore Ibn Saʽūd II a una politica di avvicinamento all'Egitto. Ma quando Il Cairo divenne il centro di un movimento panarabo rivoluzionario e progressista, l'Arabia Saudita cercò di porsi alla testa delle forze arabe conservatrici e panislamiche. La guerra civile yemenita (1962-70) fu in una certa misura il prodotto della rivalità fra RAU e Arabia Saudita. Nel 1964 Ibn Saʽūd II fu deposto dal fratello Fayṣal, che era stato primo ministro dal 1958 al 1960 e dal 1962 in avanti; Fayṣal promosse all'interno una politica di cauta modernizzazione e all'estero intese risolvere, insistendo sull'opzione conservatrice, i problemi posti dal ritiro degli Inglesi dalla Penisola Arabica. Ma non poté impedire che la già reazionaria Federazione dell'Arabia Meridionale divenisse nel 1967 la progressista Repubblica Democratica Popolare dello Yemen. Quanto allo Yemen vero e proprio, Fayṣal ottenne nel 1967 il ritiro delle truppe egiziane: ma, contro le previsioni, i repubblicani yemeniti prevalsero sui monarchici. Dopo l'uccisione di re Fayṣal (25 marzo 1975) da parte di un nipote, salì al trono il fratellastro Khāled. Alla morte di questi, avvenuta nel 1982, gli succedette il fratello Fahd ibn 'Abd el-'Aziz, promotore di accordi per il raggiungimento della pace in Medio Oriente. L'affermazione del fondamentalismo sciita in Iran determinava nella regione una decisa modificazione degli equilibri inducendo una generale ricollocazione che riguardava anche la monarchia saudita e la sua politica estera. In particolare la lunga guerra tra l'Iran e l'Iraq, protrattasi per quasi tutti gli anni Ottanta, aveva reso precarie le rotte petrolifere, ma essa era anche la spia di una lotta a più ampio raggio per l'egemonia nell'area e nello stesso mondo arabo. Ufficialmente neutrale, l'Arabia Saudita era comunque costretta a subire alcune conseguenze della guerra per il danneggiamento di petroliere saudite, ma anche per le turbolenze interne scatenate dai gruppi di rito sciita che rivendicavano, invece, uno spostamento a favore dell'Iran. Il timore di un coinvolgimento sempre più diretto spingeva Riyadh al riarmo, mentre si riallacciavano (1987) i rapporti diplomatici con l'Egitto e si operava un più generale riavvicinamento agli Stati Uniti. Nel nuovo clima di distensione dei rapporti Est-Ovest maturava anche la ripresa diplomatica con l'Unione Sovietica e si inaugurava quella con la Cina. Il precario equilibrio regionale, però, veniva violentemente scosso nell'agosto 1990 per l'invasione irachena del Kuwait. Sentitosi direttamente in pericolo per la presenza delle truppe di Baghdad ai confini e le oscure minacce di Saddam Ḥusayn, re Fahd non aveva esitazioni a chiedere l'intervento diretto degli Stati Uniti. Una mossa in qualche modo obbligata, ma gravida di conseguenze nel mondo musulmano per l'evidente contraddizione generata dalla massiccia presenza di truppe occidentali proprio nella culla dei luoghi più sacri dell'Islam: una contraddizione resa un po' meno stridente per la presenza di altri Paesi arabi e della stessa Arabia Saudita nella coalizione antirachena che rapidamente si costituiva. L'impegno militare statunitense e delle maggiori potenze occidentali determinava la sconfitta dell'Iraq e la liberazione del Kuwait (guerra del Golfo, gennaio-febbraio 1991), ma al contempo l'intera vicenda aveva messo in luce le debolezze strutturali del sistema di difesa saudita che si era mostrato incapace di far fronte ai pericoli provenienti da altri Stati della regione senza l'ombrello statunitense.[Se sei arrivato a leggere fino a questo punto ho quattro notizie da darti: 1) sei un fenomeno per capacità di pazienza; 2) sei stato trollato alla grande, sicché il testo è un grezzo copia-incolla con nulla di rilevante. A meno che tu non sia veramente un appassionato di Arabia Saudita; 3) Hai appena vinto un caffè da me ho offerto; 4) Puoi finire qui di leggere, dato che non troverai più nulla di interessante]. Con la nuova situazione, anche al fine di contenere i tentativi destabilizzanti dei gruppi sciiti presenti nel Paese, l'Arabia Saudita riallacciava nel 1991 i rapporti diplomatici con l'Iran mentre riprendeva una politica di sostegno agli Stati arabi in maggiore difficoltà e alla stessa OLP. Ma era l'insufficienza dell'apparato militare ad angustiare il regime di Riyadh essendo evidente che non bastavano i pur cospicui investimenti nel settore (15 miliardi di dollari tra il 1991 e il 1992). Anche dopo la sconfitta irachena, dunque, si rendeva necessaria una presenza statunitense, sia pure fortemente ridimensionata, ma ciò finiva con l'alimentare un'opposizione fondamentalista già abbastanza vivace e che lambiva anche alcuni elementi della gerachia religiosa ufficiale. Una presenza, quella integralista, difficile da estirpare nonostante i numerosi arresti eseguiti tra il 1994 e il 1995 e il più attento controllo degli immigrati (100.000 espulsi nel febbraio 1995). Tali provvedimenti, infatti, non erano sufficienti a impedire l'insorgere di nuovi fenomeni terroristici antistatunitensi che sfociavano nell'attentato alla sede dei consiglieri militari di Riyadh (novembre 1995) e nel più grave attacco alla base aerea di Khobar (giugno 1996) che provocava la morte di 19 militari e il ferimento di molte decine di uomini. Segnali di queste difficoltà interne venivano anche dal travaglio del gruppo dirigente, come dimostrava l'ampio rimpasto con il quale nell'agosto 1995 venivano cambiati 16 dei 28 ministri. A ciò si aggiungevano anche le precarie condizioni di salute di re Fahd che, nel gennaio 1996, cedeva temporaneamente i poteri al fratellastro Abdallah. Mentre i nuovi rapporti con lo Yemen conducevano nel 2000 a un accordo sui confini (la sovranità esercitata di fatto dall'Arabia Saudita sulle province meridionali dell'Asīr, di Najrān e di Jīzān era stato motivo di ricorrenti contestazioni), non nascoste tensioni si verificavano con gli Stati Uniti, essendo il governo saudita contrario alle incursioni aree americane contro l'Irak, condotte dal 1997 per scalzare S. Ḥusayn, e alla politica statunitense verso i Palestinesi. Sul terreno della politica interna, malgrado il ritiro di fatto dal potere di re Fahd, le tensioni presenti in seno alla famiglia reale impedivano un trasferimento ufficiale del potere, anche se il principe Abdallah consolidava la propria autorità dando impulso a un rinnovamento economico (riduzione del debito pubblico, privatizzazioni, apertura del Paese agli investimenti esteri) affidato a un Consiglio Economico Supremo e a un Consiglio Supremo per le risorse petrolifere e minerarie, creati rispettivamente nel 1999 e nel 2000. Cercando di proporsi come mediatore in molti conflitti del Maghreb (tra Marocco e Algeria per il Sahara Occidentale, tra Stati Uniti e Libia), Abdallah nel contempo proseguiva a opporsi alla reintegrazione dell'Iraq nel mondo arabo e continuava nella politica di riavvicinamento all'Iran, giudicando la vittoria elettorale dei riformatori in questo Paese (2000) un progresso per l'intensificazione degli scambi commerciali e per la stabilità dell'intera regione. Nel dicembre 2000 l'Arabia Saudita sottoscriveva con Kuwait, Bahrein, Qatar, Oman ed Emirati Arabi Uniti, membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo, un progetto per la creazione di una moneta comune entro il 2005 e un patto di reciproca difesa diretto a fronteggiare soprattutto la minaccia irachena. La guerra contro l'Iraq, condotta dalla coalizione anglo-americana nel 2003, e la conseguente caduta del regime di Saddam Ḥusayn, vanificavano la minaccia irachena, ma innescavano forti tensioni nel Paese, come dimostravano i gravi attentati terroristici contro alcuni quartieri residenziali abitati da occidentali e arabi e contro palazzi governativi, a Riyadh, avvenuti sia nel corso dello stesso anno sia in quello seguente. Nel febbraio 2005 si sono tenute, per la prima volta nella storia del regno, le elezioni amministrative, a suffragio universale maschile, limitatamente alla metà dei seggi (il 50% dei quali resta di nomina regia). Il primo agosto dello stesso anno moriva il re Fahd e la corona è passata al principe ereditario 'Abd Allāh bin ʿAbd al-ʿAzīz Al Saʿūd conosciuto come re Abdullah (Riyāḍ, 1924); il ministro della Difesa Sultan Nayef bin Abdul Aziz Al Saud è divenuto il nuovo principe ereditario (morto però nel 2012). Nel gennaio 2007 il presidente della Federazione Russa V. Putin si recava in visita ufficiale nel Paese siglando accordi commerciali e di cooperazione tecnologica. Nello stesso anno venivano eseguite 143 condanne a morte, suscitando polemiche nell'opinione pubblica internazionale. Nel 2012 Salman bin Abdul-Aziz Al Saud diventava il nuovo principe ereditario.
Cultura: generalità
Il patrimonio culturale dell'Arabia Saudita è intimamente legato alla tradizione islamica e ai costumi delle genti beduine e grande è il fascino esercitato da una cultura millenaria e conservatrice in un Paese dove l'ingente ricchezza portata dal petrolio rappresenta un ponte verso la modernità. La religione islamica e la lingua araba costituiscono in ogni caso il motivo comune di una popolazione nomade e originariamente frammentata. Dell'antica civiltà beduina resta traccia nella poesia, nella musica e nella danza, contaminate poi dalla cultura araba. Le celebrazioni pubbliche ammesse sono le due feste religiose di ‘Id al-Fitr e di ‘Id al-Adha e la ricorrenza dell'unificazione del regno (23 settembre). Sono proibite le feste religiose non islamiche.
Cultura: tradizioni
I costumi tradizionali sono largamente diffusi in tutto il Paese, pur con alcune differenze tra le città e il resto del territorio. Dalla tradizione beduina proviene l'ardha, la danza delle spade a ritmo dei tamburi, con il coinvolgimento di un poeta che fa da voce narrante. Le prescrizioni dell'Islam e le necessità dovute al clima torrido condizionano ancora aspetti della vita quotidiana quali l'abbigliamento, la cucina e le relazioni sociali. Decori e disegni differenti dei tessuti caratterizzano le diverse comunità; gli abiti, sia maschili che femminili, sono larghi e lunghi; gli uomini indossano il ghutra, un copricapo di stoffa stretto alla testa con una corda attorcigliata (igaal). Le donne sono tenute a indossare il mantello (abaaya) e il velo (shayla); quest'ultimo, generalmente nero, è spesso impreziosito da monili e gioielli in argento e pietre di notevole fattura. La cucina, in cui le usanze religiose si confondono con le abitudini di un Paese che anticamente ospitava le vie carovaniere per l'Oriente, esclude il maiale e le bevande alcoliche e fa largo uso di spezie (specialmente nella regione orientale). I piatti tipici variano da regione a regione; comprendono pane non lievitato (khoboz) e riso (con zafferano, rosso o bruno), pesce e carne di pollo, montone e agnello, legumi e verdure varie, frutta, in particolare datteri e caffè, preparato alla turca, offerto agli ospiti in segno di benvenuto. Diffusi sono laharisah, piatto a base di carne, cereali e zucchero, il ful mudammas, a base di fave e, tra i dolci, la jubniyyah, di formaggio di capra, e il masub, con banane tritate e pane dolce. Nei pranzi nuziali è offerto agli ospiti il saliq, riso con carne d'agnello o di pollo, servito con il duqqus, una salsa piccante.
Cultura: letteratura
Il rigorismo wahhābita, una condizione di sostanziale estraneità del Paese al moto di rinascita culturale del mondo arabo, nonché la prevalente struttura tribale, sono tra i fattori che hanno contribuito al mantenimento di forme letterarie conservatrici non solo nel Neged ma anche nell'Hêijāz, che fu la culla della poesia araba pagana. La poesia, fedele agli schemi ritmici tradizionali, è spesso dedicata al panegirico e al riṯā' (elegia); ancora nella seconda metà del sec. XX non era raro trovare qaṣīda di circostanza sui quotidiani della Mecca e di Medina. Tra i poeti segnaliamo: Muḥammad ibn Surūr aṣ-Ṣabbān, Aḥmad Ibrāhīm al-Ghazzawī, Abd al-Haqq an-Naqshibandi, Aḥmad al-ʽArabī, noto anche come prosatore, Aḥmad 

lunedì 7 gennaio 2013

Lettera ad Alfio Giomi

Viene riportato qui sotto il corpo della lettera che verrà inviata ad Alfio Giomi per la questione dei campionati italiani di mezza maratona.
Siccome i tempi sono decisamente ristretti, è opportuno inviarla il più presto possibile. Vorrei farlo in data mercoledì 9 gennaio. Do quindi tempo fino alle ore 24 di domani a tutti coloro volessero unirsi alla firma della lettera (dove basta un semplice consenso, senza dover firmare in modo fisico). Sono altresì ben accette proposte di modifica/integrazione della lettera.
Grazie a tutti per la collaborazione.






Egregio Presidente Alfio Giomi,

Con la presente lettera, il gruppo di atleti regolarmente tesserati FIDAL per l'anno 2013 di cui vengono elencate generalità e società d'appartenenza al termine della lettera, intende manifestare la propria disapprovazione per l'eventuale decisione di assegnare  il campionato italiano di mezza maratona, nonché fase dei campionati societari di corsa su strada a Verona in data 17 febbraio 2013.

I motivi che hanno portano a questa nostra ferrea presa di posizione, sono principalmente due:

1) Mancanza di preavviso nel comunicare la notizia

Siamo venuti a conoscenza di data e luogo ove si terranno i campionati italiani di mezza maratona, in data 4 gennaio 2013, per mezzo del comunicato stampa del GAAC 2007 Veronamarathon firmato da Cesare Monetti.
Ora, 44 giorni di preavviso rappresentano un intervallo di tempo veramente ristretto per comunicare la data di una delle manifestazioni più importanti del 2013 per atleti e società di mezzofondo prolungato.  Non fosse altro per il fatto che la maggioranza degli atleti aveva già da tempo impostato la propria preparazione su altri obiettivi, presentati in calendario col giusto preavviso.
Inoltre, essendo anche fase dei campionati societari di corsa su strada, la gara implica la partecipazione minima di 6 atleti per le squadre con ambizioni di ben figurare in classifica generale. Da ciò scaturiscono grosse difficoltà nell'organizzare trasferte così onerose in un lasso di tempo ristretto, specie per le squadre geograficamente molto distanti da Verona.

2) Clamorose concomitanze / vicinanze di gare federali nel periodo ove è stata fissata la gara

Il campionato italiano di mezza maratona, andrebbe a collocarsi in un periodo già inflazionato di competizioni federali ravvicinate:
- In data 10/02/2013, è previsto il campionato italiano individuale A/J/P/S di corsa campestre ad Abbadia di Fiastra (MC).
- In data 17/02/2013 (data in cui si collocherebbe il campionato italiano di mezza a Verona), è previsto il campionato italiano individuale P/S indoor ad Ancona, gara che vede ovviamente impegnati atleti di mezzofondo che in altri momenti della stagione potrebbero tranquillamente partecipare all'italiano di mezza maratona.
Altresì, in alcune regioni nella medesima data è prevista la fase regionale dei campionati regionali di società di corsa campestre, necessaria alla qualificazione per il campionato italiano di società di Rocca di Papa del 10/03/2013. Tra queste, Toscana, Marche e Piemonte. E anche qui ci sarebbe l' impossibilità di molti atleti a partecipare.
- In data 24/02 è prevista la fase regionale dei campionati di società di corsa campestre per altre regioni, tra cui Lombardia e Sicilia. Nella stessa data previsti anche i campionati italiani individuali A/J indoor ad Ancona.

Singolare inoltre il caso della Lombardia, dove in data 17 febbraio erano già stati fissati i campionati regionali di mezza maratona Vittuone (MI). In questo scenario, quindi, gli atleti lombardi si troverebbero di fronte all'obbligo di scegliere se prendere parte ai campionati regionali o italiani.


Da tutto ciò che è stato sopra elencato, potrà sicuramente capire quanto disagevole sarebbe istituire il campionato italiano di mezza maratona in quella data.
Obbligare molti atleti a un tour de force di 2-3 gare consecutive  fra le più dure della stagione, va contro il principio di "mettere l'atleta al centro di tutto" tanto sbandierato nel corso della campagna elettorale. Oltre a mettere in serio pericolo l'integrità fisica degli atleti stessi, in un periodo cruciale per la preparazione della stagione estiva.

Va altresì rimarcato che la gara in questione potrebbe essere collocata in altri periodi della stagione completamente liberi da altre manifestazioni federali. Fra questi, svetta su tutti il mese di ottobre, ideale per le competizioni sulla mezza maratona. Ma non sarebbe comunque l'unica soluzione, con fine marzo-inizio aprile / settembre come valide alternative.

La richiesta che quindi intendiamo portare avanti, è quella di riflettere sui punti sopra esposti al fine di poter vagliare soluzioni largamente più efficienti rispetto alla decisione presa.
Si richiede inoltre una maggiore attenzione in futuro  nel redigere il calendario nazionale, al fine di poter evitare situazioni spiacevoli come quella oggetto di questa lettera.

Sicuri di poter avere riscontri favorevoli alle nostre richieste, cogliamo l'occasione per porgere a Lei e a tutto l'organico federale i più sinceri auguri di buon lavoro per il prossimo quadriennio atletico.

Cordiali saluti



sabato 5 gennaio 2013

La prima cazzata della gestione Giomi


E' passato un mese abbondante dalle elezioni che hanno portato un cambiamento al timone della Fidal, col nuovo presidente Alfio Giomi.
Ero presente quel giorno a San Donato Milanese, con il ruolo di votare i consiglieri nazionali quota atleti.
Supportavo in tutto e per tutto la candidatura di Diego Avon ed Emanuele Ghiraldini, il cui programma (http://www.atleticanet.it/component/content/article/134-notizie/27016-il-programma-elettorale-di-avon-e-ghirladini.html)  e competenze di atletica a 360° (statistiche stagionali e all-time, presenza sul campo nazionale e estero , conoscenza elevata del settore giovanile, conoscenza delle problematiche legate ad infortuni e competenza sulla loro risoluzione) svettava in modo imparagonabile rispetto tutti gli altri.
Tornai a casa quel giorno con una grande amarezza per la loro mancata elezione. Avrei accettato con fair play la sconfitta in caso di elezione di Edgardo Barcella, uomo a cui va riconosciuto il fatto di non essere un burattino ed agire in difesa degli atleti; oppure di Stefano Mei, che avrà pure commesso degli errori nel quadriennio precedente ma gli va riconosciuto il fatto di essere sempre stato disponibile al dialogo con la gente comune, non sottraendosi mai al contraddittorio: dote rara per gli uomini di politica.
Non accettai invece la vittoria di Alessandro Talotti e Francesco Pignata, eletti solo grazie ad appoggi venuti "dall'alto" (Giomi e i suoi collaboratori). Ho potuto assistere a situazioni raccapriccianti, nelle quali alcuni uomini adepti alla votazione sono arrivati a dire "voterei Avon-Ghiraldini in quanto il loro programma-intenzioni sono le migliori , ma il mio presidente regionale mi obbliga a votare Pignata-Talotti". Strani concetti di feudalesimo e mancanza di attributi a livelli cosmici. E attenzione, il voto era segreto.
Quando  appoggi e intrallazzi vincono su doti e meritocrazia, non è mai un buon debutto per una federazione sia essa di atletica, badminton o bocce.
Da quel giorno mi sono ripromesso di tener monitorata la situazione, per vedere se le esponenziali promesse di cambiamento, cavallo di battaglia dell'intera campagna di Giomi, si sarebbero tramutate in realtà.

Ed eccomi qui a dover constatare che, dopo soli 34 giorni, la federazione è caduta subito nel medesimo errore commesso per diversi anni dalla gestione Arese: la stesura aleatoria e non ragionata del calendario gare in relazione dei vari campionati italiani.
L'oggetto del contendere sono i campionati italiani di mezza maratona,  una delle tre fasi dei campionati societari di corsa, obiettivo più importante della stagione per le squadre di mezzofondo prolungato.
Solitamente le date per la nuova stagione vengono comunicate dalla federazione nei mesi di ottobre massimo novembre, in modo da mettere atleti e società nelle migliori condizioni per programmare gara e trasferta.
Per il campionato di mezza non è stato così: i giorni  passavano inesorabilmente senza nessuna notizia di data e luogo ove si sarebbero svolti. Arrivati ormai a fine dicembre, parlando coi vari amici e compagni di squadra, si era arrivati alla conclusione che la loro collocazione sarebbe stata nella seconda parte di stagione, poiché non sembrava ipotizzabile collocarli nei primi mesi senza un buon preavviso.

Ma oggi, in data 5 gennaio, rimango spiazzato dalla notizia letta su podisti.net: "campionati italiani di mezza maratona, 17 febbraio Verona". Inutile dire che sul sito Fidal.it non appare ancora nessuna notizia.
Ma vabè, si può riuscire a superare la difficoltà di sapere solo con una 40ina di giorni di preavviso la data di una delle tre gare più importanti dell'anno per le squadre che puntano ai CDS.
La vera cosa scandalosa, che rende un'autentica cazzata questa decisione, sono le concomitanze / estreme vicinanze con altri appuntamenti chiave della stagione.
L'11 febbraio infatti si terranno i campionati italiani individuali di cross ad Abbadia di Fiastra (MC). Il 17 febbraio, per l'appunto, i campionati italiani di mezza e 1^ fase dei CDS di corsa. Il 24 febbraio, nella maggior parte delle regioni, i campionati italiani regionali di società di cross, valevoli come selezione per i campionati italiani di società di Rocca di Papa dell'11 marzo.
Ma non finisce qui, perché lo stesso giorno degli italiani di mezza sono altresì previsti i campionati italiani indoor per la categorie promesse e senior. E non sono due gare necessariamente incompatibili, sicché chi correrà i 3000 in altre parti della stagione potrebbe tranquillamente fare la mezza, ergo gli viene negata tale possibilità.
In Lombardia addirittura non ci facciamo mancare nulla: nella data del 17 febbraio sono previsti i campionati regionali di mezza maratona a Vittuone, ergo regionali e italiani lo stesso giorno. Spettacolo.

Ora,  tutte le date che ho noiosamente elencato (ma era necessario per comprendere bene la situazione) erano state stabilite nei mesi di ottobre e novembre, ergo si conoscevano da tempo.
Per questo motivo, ritengo una decisione cervellotica (per non usare termini più pesanti) andare ad inflazionare un calendario già fitto con un'altra competizione di campionato italiano, pur conoscendo già a priori tutte le date.
E badare bene, le alternative di collocazione in calendario erano molteplici. Non mi si venga a dire che era l'unica soluzione.
Sarebbe stato possibile inserire la gara sul finire di marzo / inizio di aprile; sul finire di settembre (con magari i campionati dei 10Km su strada a metà settembre, propedeutici per la mezza); inizio-metà-fine di ottobre, mese ideale per la mezza maratona. E al limite anche i primi di novembre.

Quello che obiettivamente mi chiedo, è come sia possibile affrontare con gravissima sufficienza e mancanza di competenze basilari l'importante atto di stesura dei calendari.
Sarà una domanda a cui spero risponderà in persona Alfio Giomi, al quale recapiterò nei prossimi giorni una lettera di richiesta di spiegazioni per ciò che è avvenuto. Comparirà la firma mia e di tutti i componenti dell'ASD Daini Carate Brianza, dato che il presidente Stefano Sergio Pozzi mi ha come sempre confermato il pieno appoggio appena informato della questione.
Chiunque voglia aggiungersi alla firma, è bene accetto e me lo comunichi qui o su facebook, twitter,  e-mail (michele.belluschi@alice.it), cellulare, piccione viaggiatore o quant'altro.
E' un atto dovuto per chiunque ha senso critico e non vuole essere trattato come una marionetta da una federazione che debutta male per ciò che concerne queste fattispecie burocratiche.

mercoledì 2 gennaio 2013

Bilancio atletico 2012: storia di un "collinare" di prestazioni


31/12 giorno di chiusura dei conti. Deja vu dei tempi di ragioneria, una delle poche cose che ho imparato di economia "pratica" in 5 anni di onorato servizio. Ma citando il grande Danilo D'Amico, miglior professore che abbia mai avuto in 13 anni di scuola, "Nessuno si mette a far quadrare la baracca all'ultimo giorno dell'anno, col bicchiere di spumante sulla scrivania. Lo si fa qualche giorno dopo".
E dunque facciamo questo bilancio con 2 giorni di ritardo, per ciò concerne le questioni atletiche.
Cercherò di usare il dono della sintesi per non annoiare la gente con dettagli che potrebbero riempire d'inchiostro una ventina di foglia A4, ma in ogni caso meno di 3-4 pagine non usciranno. Sulle questioni atletiche perdo il senso della misura.

L'annata 2012 comincia bene, con una forma super ereditata da un eccellente mese di dicembre 2011. Il debutto arriva in data 08/01 nel corso della mezza maratona di Annone Brianza. Chiudo al terzo posto dietro a un Corrado Mortillaro che sta vivendo il miglior periodo atletico della sua vita e all'amico Pietro Colnaghi. Il tempo dice 1h12'25", su un percorso dall'infamità estrema per continui strappi e cambi di ritmo che mortificano il cronometro. In quel periodo infatti era  una formalità per me stare sotto i 70'.
Si prosegue la settimana dopo con il rientro dopo 11 mesi nella specialità dei cross, in quel di Losine (BS). Uscì una prova modesta, con una pesante crisi negli ultimi chilometri.
Mi salirono dubbi sulla bontà della preparazione che stavo seguendo. Dubbi che vennero però fugati nei giorni successivi da ottimi riscontri in allenamento. E la fiducia in vista dei campionati italiani di maratonina a Roma tornò alta.

Il tempo di vincere con buona facilità il cross corto di Casnate davanti all'amico Matteo Salvioni e si arriva al 05/02, data dei campionati regionali di società di cross in quel di Arcisate. Gara da circolino rosso per i Daini, una delle più importanti della stagione.
Gara da uomini duri, con terreno completamente ghiacciato/innevato dopo una settimana di intemperie e termometro che segna -5° alle 13.00, orario di partenza. Nei 35 minuti di gara succede un po' di tutto, con le carte che si rimescolano più volte. Sta di fatto che da terza/quarta squadra favorita sulla carta, andiamo vicinissimi a fare il colpaccio. Arriviamo secondi, staccati di un solo punto dalla corazzata Pro Patria di Professor  Giorgio Rondelli, che si complimenterà in serata per il filo da torcere dato in gara. Lasciamo dietro i rivali della Ginn. Comense, San Rocchino Brescia e Atletica Gavardo. Questo grazie alla vittoria dell'imbattibile Mokraji e di una prova compatta di Alessandro Rocca e mia, che giungiamo rispettivamente 14^ e 15^. Più dietro i compagni Puppi e Chiodini a coprire le spalle per eventuali imprevisti, sempre dietro l'angolo in questo esercizio. A "chiodate in borsa" salteranno fuori un po' di rimpianti da bicchiere mezzo vuoto, per non aver colto una vittoria  mai finita nella bacheca della squadra nel cross lungo. Saremmo entrati nella storia.


 Dopo Arcisate seguono 3 settimane di preparazione certosina per la Roma-Ostia. Tutto va secondo i piani, come quelli di Argand-Gauss e arrivo all'appuntamento nella miglior condizione della mia vita.
La gara gira liscia come l'olio. Il campionato italiano garantisce un livello agonistico impossibile da riscontrare in altre mezze maratone dell'anno: adrenalina a mille e gambe che girano più veloce.
Stamperò il tempo di 1h08'11" togliendomi lo sfizio di battere in volata due atleti che giusto una decina di anni fa erano fissi nei primi 10 delle liste nazionali stagionali: Giuliano Battocletti e Valerio Brignone. A corollario il 5^ posto al campionato italiano Under 23, vinto dall'amico Michele Palamini.


Torno da Roma con l'entusiasmo a mille per aver centrato in pieno l'obiettivo prefissato, ma l'aleatorietà negativa è dietro l'angolo per ricordarmi che in atletica non esistono eroi che vanno forte (in base al proprio potenziale) 12 mesi su 12 all'anno.
Una settimana dopo (04/03) si corrono i campionati italiani di società di cross in quel di Correggio (RE). Una cervellotica stesura del calendario ha infatti permesso di concentrare in una settimana 2 fra gli appuntamenti più importanti della stagione degli uomini di fondo.
Arrivo a Correggio con le "ossa rotte" dalle fatiche della Roma-Ostia. Gambe e cuore non hanno recuperato ancora del tutto gli sforzi nonostante in settimana abbia pensato solo a recuperare freschezza con corse a sensazioni.
La gara sarà un inferno vissuto poche volte in carriera. Entro subito in difficoltà e già dopo 2 chilometri  avrei una voglia matta di mettere la freccia e ritirarmi. Ma sarebbe stata un'offesa alla società, tanto più che siamo in gara con una formazione rimaneggiata a causa della pesantissima assenza di Mokraji. Stringo i denti e chiudo in autentico calvario oltre la 100^ posizione. Anche a squadre andiamo male, finendo oltre il 30^ posto nonostante un'ottima prova del compagno Rocca.

Il cross di Correggio diventa lo spartiacque della stagione 2012. Il fuori giri subito in gara mi presenta un conto salatissimo. Mi saltano gli equilibri a livello di postura e nel giro di un paio di settimane iniziano a subentrare problemi fisici che diventano in modo pressoché immediato invalidanti.
Entro nel periodo atletico più difficile della mia vita, dove ogni tentativo di ripresa è vano. A metà aprile capisco che dovrò scordarmi qualsivoglia velleità agonistica per la prima parte di stagione in pista.
Con una fatica immane, esco ufficialmente dal tunnel in data 19 maggio, quando per la prima volta riesco a correre senza un dolore.
Sono a posto fisicamente, ma mi ritrovo a fare i conti con una forma imbarazzante regredita ai tempi di primo anno allievo. Dopo una settimana, infatti, corro 15Km di medio sul circuito di riferimento. Il cronometro decreta impietosamente 55'25" alla media di 3'41"7. Dieci giorni prima della Roma-Ostia svolsi a parità di fatica il medesimo lavoro correndo in 49'46" alla media di 3'19"0.

Seguiranno due mesi, quelli di giugno e luglio, passati a cercare di risalire dall'inferno in cui ero sprofondato. Saranno mesi da purgatorio, caratterizzati da gare su strada di secondo piano  per ritrovare il feeling con la competizione. Solo una gara importante, in data 29 giugno a Lecco, nell'ambito dei campionati regionali di corsa su strada.
Per come era messa la forma, vado meglio del previsto, con una prova più che sufficiente. Batto avversari che in quel periodo giravano decisamente meglio di me. Sul finale arrivo vicino a prendere l'amico Simone Pessina, incappato in una giornata negativa. A corollario esce fuori anche la vittoria del titolo regionale Under 23, in un podio tutto Daini completato dagli amici Francesco Puppi e Federico Chiodini.


Si arriva ad agosto e come di consueto mi reco a Livigno per allenarmi in altura. Ritrovo pian piano le sensazioni pre-infortunio e porto a casa lavori molto proficui, allenandomi spesso con grandi atleti. Tra questi, avrò modo di conoscere bene Mimmo Ricatti con cui nascerà un buon rapporto che lo porterà a presenziare al 10.000mt organizzato dalla mia società a metà settembre.
Prima di congedarmi, corro in altura il Giro dei Laghi di Cancano. 19Km. Uscirà una buona prova, che mi vedrà al quarto posto fino a più di metà gara, per poi pagare dazio sul finale raggiunto e sorpassato da Migidio Bourifa e Luca Sanna.


Dopo l'altura mi sento subito bene e c'è l'occasione di dimostrarlo alla Cittiglio-Vararo, gara su strada in salita (8%) dall'albo d'oro pesante. Tre vittorie anche per mio padre. Ai nastri di partenza mi ritrovo Paolo Finesso e so già che correrò per il secondo posto. Ma gli allenamenti in salita svolti a Livigno clamorosamente ribaltano le carte in tavola. Sui tornanti varesini, mi sento un toro come poche volte in vita mia e poco prima di metà gara raggiungo e sorpasso Finesso andando a vincere con quasi 30 secondi di margine.
Ho il tempo di concedermi una lunga esultanza dedicando la vittoria a mio nonno, scomparso in circostanze tragiche giusto 3 settimane prima.


Dopo Vararo, è tempo di tornare finalmente in pista. Il rientro è fissato per il 06/09 nel 5000mt di Brescia, ma per una serie di circostanze aleatorie sono costretto all'ultimo a dare forfait.
Ritorno quindi in una gara in pista dopo una clamorosa assenza di 14 mesi, proprio nella gara di casa: il 10.000mt di Carate Brianza il 15/09, di cui sono stato il primo promotore.  Il rientro dopo una vita, mi regala però sensazioni strane e nel corso della gara non riesco ad esprimermi come voglio. Chiudo in 32'10"1, che rappresenta comunque il mio nuovo personale sulla distanza. La gara sarà in ogni caso un successone, con Eric Sebahire che stampa la miglior prestazione cronometrica 2012 di un 10.000 in pista corso su suolo italiano (28'56"). Anche l'amico Mimmo Ricatti fa il tempone, correndo con 29'02" il suo nuovo PB.


4 giorni dopo Carate, sono di nuovo in gara all'Arena di Milano, in quello che sarà il mio unico 5000mt della stagione. La serata è perfetta per fare il tempo e pesco dal cilindro una prova oltre le mie aspettative, correndo in 15'10"05. Anche qui, ovviamente, nuovo primato personale. Chiudo il tour de force settimanale, correndo una gara su strada in Svizzera (Camignolo), arrivando secondo dietro a Finesso, che si prende la rivincita di 20 giorni prima.

Inizia ottobre e c'è l'ultima chiamata stagionale per la pista, nel 10.000mt di Guanzate (CO). La forma è in crescita e voglio togliermi lo sfizio di far meno di 32'00". Grazie al treno allestito da Valerio Brignone, a caccia del record italiano MM45, riuscirò nell'intento, chiudendo in 31'51"50.
 Finisce quindi una stagione in pista effimera, durata solo 3 gare. Ma tutto sommato miglioro in modo netto i primati personali stabiliti nel 2011, quindi il bicchiere diventa mezzo pieno.

Una settimana dopo Guanzate, sono di nuovo in gara nella corsa su strada di Oltrona. Svolgo il compitino, arrivando quarto dietro ai tre inarrivabili Nasef, Rachik e Fontana.
A fine ottobre mi presento al classico appuntamento della corsa su strada di Erba. SI tratta della mia 10^ partecipazione consecutiva: unica gara a cui ho sempre preso parte ad ogni stagione da quando ho iniziato a correre.  Nonostante alcuni fastidi alla schiena patiti in gara, colgo una buona prestazione replicando il piazzamento di Oltrona, dopo aver regolato in volata l'amico Luca Merighi. Vince Fontana su Tahary e Scialabba.

Le prestazioni degli ultimi 2 mesi,  mi valgono in la convocazione nella rappresentativa Lombarda, nell'ambito della corsa su strada internazionale di Cuneo valevole come Coppa delle Alpi per delegazioni regionali.
Si tratta del mio debutto con la canotta lombarda e arrivo all'appuntamento forte di ottimi riscontri cronometrici negli ultimi allenamenti.
A Cuneo saprò difendermi con una prova sopra la sufficienza, seppur nel computo finale mi accorgo che avrei potuto fare una quindicina di secondi meglio. A squadre ci piazziamo terzi, battuti delle Alpi rodano francesi e dal Piemonte. Della squadra lombarda risulterò essere il secondo uomo dietro a Rachik, battendo gli amici Casagrande e Maniyka. Ritirato il grande Raf Tahary causa problemi fisici.


Una settimana dopo Cuneo, voglio sfruttare l'ottimo stato di forma per tornare in gara sulla distanza della mezza maratona, in quel di Crema.
Pesco una giornata positiva, chiudendo al 9^ posto in 1h09'12", che rappresenta la mia seconda prestazione all-time sui 21,097Km. Sono ormai tornato sui livelli di Roma. Con alcuni lavori propedeutici alla distanza, sarebbe infatti stato una formalità correre da 68'.
Si arriva a dicembre  e all'ultima gara dell'anno, nell'ambito della classica biennale di Santa Lucia a Torre Boldone.  In un ottimo contesto agonistico, andrò a cogliere il 10^ posto. Un'altra prova sopra la sufficienza, seppur non ai livelli della precedente  gara di Crema.


25 sono state quindi le gare a cui ho preso parte quest'anno, tutte portate a termine. Non chiudevo un'annata senza ritiri dal 2009.

Sul finire dell'anno c'è pure il tempo di tirare la seconda inchiodata stagionale, a causa di un problema di pubalgia. Riprendo a correre senza problemi gli ultimi 3 giorni dell'anno e..... TO BE CONTINUED.
Sarà 2013 e sarà una nuova storia. Saranno nuovi momenti in salita e nuovi momenti in discesa, come in un collinare: l'allenamento che preferisco.